4 Aprile - 13 Luglio 2025
Scuderie del Quirinale, Via Ventiquattro Maggio, 16
Un’esposizione che esplora la Roma del Seicento come crocevia di dialoghi e contaminazioni artistiche tra Europa, Asia, Africa e Americhe. Un evento che analizza l’identità multiculturale del Barocco in chiave internazionale. Roma diventa il palcoscenico di una produzione artistica senza precedenti, alimentata dalla presenza di artisti del calibro di Gian Lorenzo Bernini, Pietro da Cortona e Nicolas Poussin.
Nel cuore della Roma papale del Seicento, all’apice della propria influenza politica e culturale, si costruisce un dialogo artistico tra mondi apparentemente lontani. “Barocco globale” mette in scena questo straordinario momento storico, in cui ambasciatori, missionari, intellettuali e artisti provenienti da tutto il mondo si incontrano e si confrontano.
Curata con il contributo della Galleria Borghese e numerose istituzioni internazionali, la mostra offre un percorso che, attraverso capolavori di artisti come Gian Lorenzo Bernini, Nicolas Poussin, Pietro da Cortona e molti altri, testimonia la dimensione transnazionale dell’arte barocca.
L’esposizione ricostruisce una Roma animata da viaggi intercontinentali e diplomazie globali, dove le diversità culturali si fondono in un linguaggio visivo condiviso e rinnovato. È un’occasione per comprendere come l’arte del Seicento non fu solo frutto di una fioritura interna europea, ma anche espressione di incontri, relazioni e scambi di saperi che percorrevano rotte mondiali.
La parola “Barocco” evoca un mondo fatto di teatralità, movimento, luce e colore. Ma dietro questa spettacolarità si nasconde un profondo spirito intellettuale: un’arte che nasce dalla volontà della Chiesa cattolica di imporsi attraverso le emozioni, ma anche di rappresentare un mondo in trasformazione. Il Seicento è il secolo delle scoperte scientifiche, della Controriforma, della globalizzazione cattolica. In questo contesto, l’arte barocca si fa strumento di comunicazione universale.
Nessun’altra città ha incarnato il Barocco quanto Roma. Sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini, Alessandro VII Chigi e altri papi mecenati, Roma divenne il laboratorio visivo della nuova arte. Le sue chiese, piazze e palazzi si trasformarono in palcoscenici del potere spirituale e temporale della Chiesa. Ma fu anche meta di viaggiatori e intellettuali di ogni parte del mondo, che la resero uno spazio di contaminazioni e dialogo, come racconta questa mostra.
Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 1598 – Roma, 1680), genio indiscusso del Barocco, è tra i protagonisti dell’esposizione. Le sue opere, in cui la materia si anima di moto e spirito, riflettono la tensione tra il sacro e il profano, la luce e l’ombra. Il Baldacchino di San Pietro, la Fontana dei Quattro Fiumi, la Transverberazione di Santa Teresa ne sono esempi emblematici. Nella mostra, Bernini è rappresentato non solo come artista, ma come simbolo della Roma aperta al mondo, capace di accogliere e reinterpretare suggestioni lontane.
Pietro da Cortona (nato come Pietro Berrettini, Cortona, 1597 – Roma, 1669) porta il Barocco alla dimensione pittorica monumentale. Il suo Trionfo della Divina Provvidenza affrescato nel salone di Palazzo Barberini è una visione fastosa della gloria papale. Ma è anche una riflessione visiva sul potere che si fa immagine. La sua pittura, stratificata, illusiva e colma di significati simbolici, mostra un dialogo costante con le altre culture, in particolare attraverso la rappresentazione di allegorie universali e personificazioni esotiche.
Nicolas Poussin (Les Andelys, 1594 – Roma, 1665), pur di scuola francese, lavora a Roma per la maggior parte della vita. Il suo Barocco è intellettuale, dominato da ordine, misura, filosofia stoica. In mostra, le sue opere sono poste in dialogo con quelle più spettacolari di Bernini e da Cortona, per mostrare la varietà di voci che animavano la Roma del Seicento. Poussin incarna una dimensione cosmopolita del Barocco che unisce il rigore classico alla tensione verso l’universalità.
Il percorso espositivo è articolato in diverse sezioni tematiche, ciascuna delle quali esplora un aspetto specifico dell’interazione culturale e artistica nella Roma del Seicento. Sono presenti anche opere di artisti asiatici, africani e americani giunti a Roma, o le cui culture influenzarono profondamente l’arte europea. L’interesse per l’Oriente, per l’Africa subsahariana, per le Americhe emerge nelle iconografie, nei materiali, nei soggetti. Missionari gesuiti, ambasciatori etiopi, monaci tibetani, studiosi cinesi popolano i documenti e le opere, restituendo un mondo policentrico in cui l’arte fungeva da ponte tra civiltà.
La mostra si apre con una sezione dedicata alla Roma dei papi come capitale globale. Mappe, dipinti, manoscritti e oggetti d’arte illustrano l’arrivo in città di viaggiatori da ogni angolo del mondo. Figure storiche come il gesuita Matteo Ricci, il giapponese Hasekura Tsunenaga, il diplomatico persiano , sono protagonisti di un racconto in cui Roma diventa centro di una rete di relazioni intercontinentali.
I doni diplomatici, le opere commissionate dalle delegazioni straniere, i ritratti di ambasciatori e viaggiatori raccontano una diplomazia che si esprime attraverso l’arte. L’immagine è veicolo di dialogo, seduzione, scambio. La Roma barocca ospita, celebra e restituisce visivamente l’incontro tra le civiltà con opere straordinarie:
Voluto da Papa Francesco, il busto in marmi policromi di Antonio Manuel Ne Vunda, ambasciatore del Regno del Congo, è stato scolpito da Francesco Caporale nel 1608. Proveniente dalla Basilica di Santa Maria Maggiore, racconta la storia di un diplomatico africano accolto a Roma come simbolo della diffusione del cristianesimo nel mondo.
Il bozzetto in terracotta della celebre fontana di Piazza Navona, ideata da Gian Lorenzo Bernini, contiene una personificazione del Rio della Plata con tratti africani, testimonianza della consapevolezza dell’artista rispetto alla diaspora africana.
Nel dipinto Annibale che attraversa le Alpi di Nicolas Poussin, l’elefante Don Diego – nato in India e giunto a Roma – è protagonista più del soggetto storico stesso. Commissionato da Cassiano dal Pozzo, il quadro dimostra l’interesse barocco per l’esotico e lo spettacolare.
La mostra offre esempi concreti di come l’arte sia stata veicolo di scambio e trasformazione presentando i ritratti di personaggi così diversi e lontani dipinti da grandi maestri.
Ali-qoli Beg, il nobile persiano è ritratto da Lavinia Fontana in un dipinto di grande impatto, recentemente riscoperto e mai esposto prima. Nicolas Trigault, il missionario gesuita francese è dipinto da Peter Paul Rubens in abiti cinesi, esempio di incrocio culturale e religioso. Robert Shirley e Teresia Sampsonia, ritratti a Roma nel 1622 da Anthony Van Dyck, i due coniugi – un ambasciatore inglese in Persia e una principessa circassa – sono rappresentati con abiti e stoffe persiane in un’opera che unisce la pittura veneziana al cosmopolitismo romano. I dipinti provengono dal National Trust britannico. Cleopatra nell’antico Egitto, in Cesare che rimette Cleopatra sul trono di Pietro da Cortona, l’Egitto diventa scenario esotico per narrazioni barocche. Andromeda etiope in veste europea, nel dipinto di Rutilio Manetti, la principessa Andromeda ha fattezze e acconciatura europee, a testimonianza delle reinterpretazioni culturali.
Secondo la curatrice, Roma del Seicento si rivela una città globale, animata da ambasciatori dal Congo, Persia, Giappone e India, e da una visione del mondo che mescola esotico e meraviglia in ogni espressione artistica. In mostra anche una mitra piumata centroamericana donata a San Carlo Borromeo e repliche cinesi e indiane di celebri icone romane, come la Salus Populi Romani e la Santa Cecilia.
In questa sezione, l’attenzione è focalizzata sul ruolo di Roma come centro nevralgico di scambi diplomatici e culturali. Documenti storici, mappe e oggetti d’arte illustrano le relazioni tra la città eterna e le delegazioni provenienti da Africa, Asia e America. Questi incontri non solo influenzarono le dinamiche politiche, ma arricchirono anche il panorama artistico romano, introducendo nuove iconografie e tecniche.
Un’intera sezione è dedicata alla fascinazione per l’Asia. I motivi cinesi, i tessuti giapponesi, i racconti di viaggio nelle Indie Orientali entrano nel repertorio artistico romano. La rappresentazione dell’esotico non è solo fantasia: spesso è frutto di testimonianze dirette, di oggetti realmente giunti in Europa.
Questa sezione esplora come e i motivi orientali siano stati assimilati nell’arte barocca romana. Opere che raffigurano figure esotiche, tessuti preziosi e oggetti d’arte orientale testimoniano l’attrazione e la curiosità degli artisti barocchi verso culture lontane. Un esempio emblematico è il “Guerriero Orientale detto Il Pirata barbaresco“ di Pier Francesco Mola, che rappresenta un’affascinante fusione di elementi occidentali e orientali. La mostra espone porcellane Ming, paramenti liturgici ricamati in Asia, manoscritti illustrati, testimonianze che documentano una conoscenza concreta dell’Oriente.
L’Africa è presente nella Roma barocca attraverso ambasciate del Congo, del Regno d’Etiopia e attraverso l’opera dei missionari. Le rappresentazioni di sovrani africani, i crocifissi del Congo in stile sincretico, i ritratti di schiavi liberati che divennero intellettuali romani, restituiscono la complessità di un rapporto non privo di asimmetrie, ma ricco di scambi e riconoscimenti reciproci.
In questa parte dell’esposizione, si analizza l’impatto delle culture africane sull’arte romana. Sculture, dipinti e manufatti evidenziano come l’incontro con queste civiltà abbia stimolato nuove forme di rappresentazione e simbolismo nell’arte barocca. La presenza di ambasciatori provenienti da queste regioni ha facilitato uno scambio culturale che si riflette nelle opere dell’epoca.
Nel Barocco romano troviamo sia figure allegoriche dell’Africa, incorniciate da animali esotici e simboli, sia ritratti realistici di africani realmente vissuti a Roma. Questa dualità è indagata in mostra con rigore, per distinguere tra stereotipo e testimonianza diretta.
La mostra documenta, attraverso opere, testi e apparati didattici, come il Barocco romano sia stato alimentato anche da questo flusso di idee e immagini proveniente dal Nuovo Mondo. L’arte diventa così testimone di un’epoca in cui il cattolicesimo si espande oltre l’Europa, trasformandosi in un fenomeno globale, e in cui Roma, pur al centro di questo processo, si apre al mondo con sguardo ricettivo e sorprendentemente moderno.
Nel corso del XVII secolo, il continente americano entra con forza nell’immaginario e nel sistema artistico europeo con le missioni gesuitiche in Paraguay, Brasile, Messico, Cile e Perù che diventano centri di produzione artistica e culturale, tra arte cristiana sincretica e ibridata con le forme espressive locali.
Sculture lignee, paliotti ricamati, crocifissi intagliati, retabli dorati, e oggetti liturgici che, una volta giunti a Roma, stupiscono per la qualità della manifattura con una rappresentazione più complessa della figura dell’indigeno americano. Tra le opere esposte in mostra, si segnalano alcuni rari esempi di arte sacra indigena proveniente dal Sud America, che testimoniano l’effettiva circolazione di questi oggetti a Roma.
L’ultima sezione è dedicata all’analisi dell’eredità lasciata da questo periodo di intensa globalizzazione culturale. Si evidenzia come l‘integrazione di influenze diverse abbia contribuito a creare un linguaggio artistico universale, i cui effetti sono riscontrabili nelle epoche successive e nell’arte contemporanea.
Questa esposizione permette di rileggere il Barocco non solo come stile europeo, ma come esito di un mondo globalizzato. È un’opportunità per comprendere come l’arte abbia agito da medium tra le culture, producendo ibridazioni che ancora oggi parlano della capacità dell’arte di superare i confini. “Roma è l’unico posto dove ogni straniero si sente a casa”, scrisse Michel de Montaigne nel suo Viaggio in Italia (1581).
La mostra presenta prestiti prestigiosi provenienti da musei internazionali e collezioni difficilmente accessibili, tra questi: Galleria Borghese, partner dell’iniziativa, le Gallerie Nazionali d’Arte Antica Barberini Corsini e VIVE Vittoriano e Palazzo Venezia, con la partecipazione straordinaria della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.
Da sottolineare che nell’esposizione spiccano opere mai esposte in Italia, accostate a capolavori delle collezioni romane in un allestimento che valorizza la ricchezza del dialogo visivo e concettuale. Anche la Presidenza della Repubblica è presente all’evento: per tutta la durata della mostra l’itinerario speciale “Il mondo a Roma negli affreschi del Quirinale” schiuderà al pubblico importanti ambienti del Palazzo presidenziale come il Salone dei Corazzieri, la Cappella Paolina e la Sala del Mascarino.
Curata con rigore scientifico da Francesco Freddolini, docente di storia dell’arte alla Sapienza di Roma, e Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese nonché professore ordinario di storia dell’arte all’Università di Ferrara, e pensata per un ampio pubblico, la mostra si presta a molteplici livelli di lettura: dagli approfondimenti storici e iconografici, agli elementi spettacolari, alle riflessioni contemporanee sulla globalizzazione e il multiculturalismo. È una mostra che parla al presente attraverso le immagini del passato.
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