27 Febbraio - 29 Giugno 2025
Museo del Corso - Polo Museale - Palazzo Cipolla, Via del Corso 320
La straordinaria rassegna dedicata a Pablo Picasso si inaugura a Roma presso il Museo del Corso – Polo Museale – Palazzo Cipolla, dal 27 febbraio al 29 giugno 2025. Un’occasione unica per esplorare la traiettoria di un artista che ha rivoluzionato la storia dell’arte, mettendo in luce il suo status di “straniero” in terra francese.
La nuova esposizione intitolata “Picasso lo straniero” propone un viaggio fra oltre mezzo secolo di attività creativa di Pablo Picasso, un artista capace di rivoluzionare le regole pittoriche del Novecento e di integrare in modo audace diversi linguaggi artistici. La mostra, in programma al Museo del Corso – Polo Museale – Palazzo Cipolla di Roma dal 27 febbraio al 29 giugno 2025, racconta come lo status di “straniero” abbia influenzato il percorso di Picasso, a partire dai suoi primi approcci con l’avanguardia parigina fino alle fasi più tarde della sua feconda carriera. Il percorso espositivo è composto da opere di grande rilievo, alcune raramente concesse in prestito, per illustrare la metamorfosi di un artista che, pur radicato nelle tradizioni europee, seppe sempre rinnovarsi mantenendo vivo il suo spirito indipendente.
L’avventura di Pablo Picasso si colloca al crocevia di culture e ricerche artistiche che hanno contraddistinto il primo Novecento. Nato a Málaga, in Spagna, nel 1881, cresce circondato da stimoli estetici impregnati di tradizione e desiderio di rinnovamento. Giovanissimo, entra in contatto con i fermenti culturali di Barcellona, dove conosce intellettuali e artisti propensi a rompere con gli schemi accademici. Il suo transfert definitivo a Parigi, però, rappresenta il momento cruciale per la formazione di un linguaggio pittorico del tutto personale, frutto di un confronto continuo con l’arte internazionale e con un ampio ventaglio di sperimentazioni formali.
Pur essendo profondamente spagnolo per inclinazioni e temperamento, Picasso si fece portavoce di un rinnovamento radicale che non rispettava frontiere geografiche o culturali. Con la fase blu e quella fase rosa, agli esordi, mostrò la propria abilità nel fondere narrazione intima ed empatia sociale, anticipando già i presupposti delle sue successive rivoluzioni plastiche. Di lì a poco, insieme a Georges Braque, avrebbe dato vita al Cubismo, uno dei movimenti più innovativi del XX secolo, proiettandosi verso una costante riflessione sulla natura della rappresentazione.
La forte radice spagnola di Picasso non rimase mai inerte. La cultura andalusa, i colori della sua terra natale, le feste popolari e il mondo taurino che lo affascinò sin dall’infanzia continuano a emergere qua e là lungo l’intera evoluzione dell’artista. Basti ricordare la potenza delle figure di toreri e arlecchini, emblemi di un repertorio iconografico con cui Picasso amava confrontarsi e che rielaborava in chiave moderna.
Parallelamente, il contatto con la scuola francese e con i massimi esponenti dell’avanguardia internazionale fu decisivo per far emergere nuove sintesi tra colore e forma, tra segno e strutture spaziali. L’artista assorbì le suggestioni di Cézanne, Gauguin, Van Gogh e Matisse, rielaborandole per plasmare soluzioni compositive originali. Da qui nacque un’identità artistica ibrida, tra radici iberiche e sperimentazione cosmopolita, che fece di Picasso un riferimento imprescindibile per generazioni di pittori, scultori e creativi.
Il percorso di Picasso non conobbe mai soste: dalla sperimentazione cubista alle espressioni neoclassiche del periodo successivo, dai cenni all’arte africana e oceanica, fino a virare poi su toni di sorprendente libertà. Eppure, la sua non era frammentazione. Piuttosto, egli si muoveva come un ricercatore, testando molteplici soluzioni per rinnovare la funzione dell’immagine.
Il suo variegato repertorio di forme ha ridefinito i concetti di prospettiva, di composizione e di volume. Un ritratto scomposto in diversi piani, una natura morta ridotta a geometrie essenziali o una scena mitologica reinterpretata in chiave contemporanea dimostrano il continuo dialogo fra passato e futuro. Questa fertilità creativa è il sintomo più evidente della sua volontà di sperimentare senza mai soggiacere a una sola tendenza stilistica.
La mostra “Picasso lo straniero” affonda le sue radici nel desiderio di leggere l’opera picassiana attraverso la lente del suo essere un artista apolide, sebbene legato alle sue origini. Entrato in Francia come giovane talento, Picasso visse e lavorò in una sorta di condizione di “esilio” volontario. Il suo passaporto spagnolo e il legame con la tradizione mediterranea si intrecciarono con le sfide poste dai salotti parigini, dalle correnti d’avanguardia e dal più ampio scenario culturale europeo.
Il suo rapporto con l’“alterità” non fu soltanto geografico. Pur accolto negli ambienti d’avanguardia, Picasso restò in qualche modo outsider, libero da etichette e definizioni rigide. Questo status di estraneo, al contempo interno ed esterno al contesto francese, gli consentì di osservare costantemente la realtà con uno sguardo critico, pronto a sovvertirne le convenzioni. La mostra, dunque, evidenzia come l’energia dell’incontro tra culture abbia nutrito la poetica picassiana, invitando il pubblico a riflettere sui concetti di identità, appartenenza e contaminazione.
Le prime esperienze di Picasso a Parigi risalgono ai primi del Novecento, quando la capitale francese era il polo artistico per eccellenza, frequentato da personalità come Amedeo Modigliani, Chaim Soutine e Marc Chagall. Qui, l’artista spagnolo entrò in contatto con i vari gruppi intellettuali che gravitavano attorno a Montmartre e Montparnasse, in un clima di fervente innovazione.
L’École de Paris non era un movimento unitario, quanto piuttosto un insieme di tendenze che condividevano la comune ricerca di nuove forme espressive. Pur senza aderire a un programma univoco, Picasso seppe trarre dalle sperimentazioni di quei circoli un dinamismo essenziale per dare alla luce opere che univano eredità classica e slancio verso l’ignoto. Inoltre, la sua influenza reciproca con altri pittori – fra cui Braque – si rivelò determinante nello scomporre e ricostruire la figura: l’anatomia non era più un dato prestabilito, ma un “puzzle” di piani da ricomporre, offrendo allo spettatore punti di vista simultanei.
In Francia, Picasso non si limitò a ricevere l’ospitalità culturale: seppe elaborarla in una direzione del tutto personale, valorizzando e talvolta sovvertendo modelli estetici consolidati. Con il tempo, la sua fama crebbe al punto che egli poté instaurare un rapporto dialettico con l’ambiente artistico locale, divenendo per paradosso una delle figure più rappresentative della modernità parigina. Nonostante ciò, rimase sempre ben consapevole delle sue origini spagnole e del senso di distanza che lo separava dalla cultura francese.
Ne emergono ritratti di intellettuali, amici e compagne, in cui si percepisce l’affinità con la cosiddetta “élite straniera” di Parigi, un gruppo di artisti provenienti da diverse parti d’Europa e non solo. Picasso mantenne uno spirito aperto verso l’integrazione di modelli eterogenei: l’arte africana e oceanica, per esempio, lasciò un segno profondo nella sua ricerca, ispirandolo nella costruzione di forme geometriche e nella scomposizione dei piani. Questa continua rielaborazione dell’“altro” è una delle cifre distintive della sua poetica.
Nell’allestimento ideato per “Picasso lo straniero”, il visitatore trova un filo conduttore che evidenzia il tema del viaggio culturale e interiore dell’artista. Attraverso sezioni distinte, si esaminano le fasi cruciali della sua produzione, dai primi contatti con il milieu parigino all’affermazione internazionale. L’intento curatoriale è quello di mostrare come il senso di estraneità e di libertà intellettuale abbia nutrito le sperimentazioni di Picasso, dando vita a opere diventate emblematiche della sua poetica, talvolta addirittura “icone” del Novecento.
La mostra si fonda su una selezione di dipinti, disegni, sculture e incisioni provenienti da musei di tutto il mondo. Alcune opere, raramente concesse in prestito, consentono di apprezzare la varietà di tecniche che Picasso seppe esplorare con grande maestria. Il percorso si snoda in un dialogo armonico fra i diversi periodi, offrendo al pubblico una lettura cronologica, ma non rigida, delle sue trasformazioni stilistiche.
Le sale espositive conducono il visitatore attraverso capitoli tematici che mettono in luce come la condizione di “straniero” si rifletta nelle opere di Picasso. Uno dei primi ambienti si concentra sulla fase blu e la successiva fase rosa, accomunate da un’intensa attenzione per la condizione umana. In questi dipinti, emerge l’interesse per le figure marginali e per l’interiorità dei soggetti, con toni emotivi di grande suggestione.
Proseguendo, l’allestimento evidenzia il momento di svolta legato alla nascita del Cubismo, dove la frammentazione della forma riflette un nuovo modo di leggere la realtà. Da qui, il visitatore procede fra documenti, fotografie e opere che testimoniano i rapporti di Picasso con l’ambiente parigino, illustrando la sua partecipazione a mostre, salotti artistici e avventure editoriali. Non manca uno spazio dedicato alle sperimentazioni successive, che spaziano dalle sculture in ferro battuto alle ceramiche, mostrando un Picasso sempre in movimento e mai chiuso in un solo codice espressivo.
Fra i pezzi di rilievo presentati nella mostra, si segnalano diversi disegni preparatori che offrono una finestra sull’“officina” di Picasso, dimostrando la padronanza del segno fin dai primi studi anatomici. Esempi di bozzetti per opere monumentali, come alcuni studi per “Guernica”, rivelano l’intenso lavoro di progettazione dietro la composizione, pur senza esporre necessariamente il capolavoro definitivo.
Il percorso espositivo include anche alcune sculture inedite, frutto di ricerche sperimentali condotte fra gli anni Trenta e Quaranta, periodo in cui l’artista si confrontò con nuovi materiali e tecniche. Si tratta di creazioni che mettono in evidenza la profonda curiosità di Picasso nell’assemblare oggetti di uso quotidiano, trasformandoli in sculture cariche di forza espressiva. Tali reperti raramente appaiono in contesti espositivi, rendendo questa sezione particolarmente interessante per chi desidera conoscere aspetti meno noti della sua produzione.
La visita all’esposizione “Picasso lo straniero” non si esaurisce in un semplice tuffo nel passato dell’avanguardia novecentesca. Al contrario, offre la preziosa opportunità di riflettere sulle dinamiche dell’identità culturale, sul potere dell’arte di trascendere i confini nazionali e sulle diverse sfaccettature di un autore che ha saputo interrogare, con rinnovata energia, i canoni tradizionali. L’allestimento dialoga con il contesto monumentale di Palazzo Cipolla, accostando la modernità picassiana a spazi dall’importante valore storico, creando così un suggestivo contrasto.
L’artista, infatti, si pone al centro di un racconto che va oltre la pittura, toccando questioni di politica, società e libertà espressiva. Picasso, “cittadino di Parigi” senza mai rinunciare al suo essere spagnolo, diventa quasi un emblema della condizione moderna in cui identità e “alterità” convivono in tensione feconda. In un’epoca in cui le migrazioni di idee sono spesso protagoniste, la sua figura risuona attuale e universale al tempo stesso.
Un aspetto rilevante di questa esposizione è l’approccio didattico, pensato per un ampio pubblico. I testi esplicativi, le installazioni multimediali e i confronti diretti fra opere di periodi diversi aiutano il visitatore a ricostruire i passaggi cruciali della ricerca di Picasso. Non si tratta, però, di una lettura semplificata: i curatori invitano all’osservazione critica, stimolando l’occhio a scorgere analogie e contrasti fra dipinti e sculture.
In tal senso, la mostra si presta a essere un’ottima occasione di approfondimento per gli studiosi e gli appassionati di storia dell’arte, ma anche un momento di apprendimento per chiunque desideri avvicinarsi all’opera di Picasso in modo consapevole. Grazie a un’accurata selezione di documenti e all’uso di apparati didattici interattivi, emerge quanto la sua ricerca abbia contribuito a ridefinire i codici visivi del XX secolo, generando un impatto che ancora oggi continua a ispirare artisti e movimenti.
Il valore critico di questa mostra risiede nella possibilità di scandagliare i vari “volti” di Picasso, senza limitarlo alla categoria del “genio incompreso” o dell’artista “folle” che stravolge l’ordine. In realtà, la sua fu una carriera plasmata da confronti serrati con la tradizione, dal dialogo con altri artisti contemporanei e da un’esigenza di rinnovamento che lo spinse a sperimentare più generi.
Attraverso un metodo di presentazione che mette in risalto l’aspetto umano e professionale di Picasso, si evidenzia il suo continuo domandarsi cosa significhi rappresentare il mondo visibile e quello interiore. Emblematici sono i ritratti di amici e conoscenti, spesso destrutturati in una molteplicità di piani prospettici, che suggeriscono l’idea di una realtà mai univoca. Oppure certe nature morte che, oltre ad affascinare per la scomposizione geometrica, propongono un ragionamento su come oggetti apparentemente umili possano assumere una valenza simbolica. Da queste osservazioni nasce un profondo rispetto per l’eredità di un artista il cui linguaggio non smette di sorprendere.
La volontà di ospitare questa mostra nella città di Roma assume un significato peculiare. Da sempre crocevia di influenze culturali, la capitale italiana si offre come sfondo perfetto per riflettere su un autore che, pur essendo indissolubilmente legato alla Spagna e alla Francia, incarna uno spirito universale. Le sale del Museo accolgono le opere picassiane in un contesto che ben bilancia le suggestioni storiche con la necessità di valorizzare le avanguardie del Novecento.
Camminare fra tele e sculture circondati dall’atmosfera della Roma barocca e rinascimentale fa emergere, per contrasto, la contemporaneità delle forme ideate da Picasso. È un dialogo fecondo tra diversi momenti dell’arte e della cultura, capace di accendere riflessioni sia sul ruolo che le città d’arte hanno esercitato in passato sia sulla loro attuale capacità di accogliere e promuovere innovazione. In questa prospettiva, la mostra diventa una tappa obbligata per comprendere le reciproche influenze che hanno costituito il panorama estetico europeo del secolo scorso.
Inoltre, la figura di Picasso appare quanto mai consona a un luogo come Roma, dove la stratificazione di epoche diverse mostra come l’arte non sia solo testimonianza di un passato remoto, ma anche un laboratorio in cui si fondono e rielaborano idee provenienti da luoghi e tempi distanti. La presenza dell’artista spagnolo, “straniero” in Francia e ora ospite nella città eterna, consolida tale percezione, rinnovando il concetto di scambio culturale che è stato alla base di tante evoluzioni artistiche nel Vecchio Continente.
Per comprendere appieno la rilevanza della mostra, è opportuno ricordare alcune tappe centrali del tragitto che portò Picasso da Málaga e Barcellona fino al cuore della scena parigina. Nella città catalana, Picasso si formò all’ombra delle accademie tradizionali, confrontandosi con figure come Santiago Rusiñol e Ramon Casas, che lo incoraggiarono a intraprendere un percorso fortemente innovativo. Dal circolo Els Quatre Gats, luogo mitico di scambio intellettuale, egli mosse i primi passi verso una pittura sempre più libera dalle convenzioni.
L’arrivo a Parigi, all’inizio del secolo, fu propiziato dal desiderio di conoscere il fervore creativo che animava la capitale francese. Qui, egli si addentrò nei quartieri bohémiens, incontrò letterati e mecenati, partecipò alle discussioni sull’Impressionismo e sulle nuove tendenze post-impressioniste. In breve tempo, consolidò il suo ruolo di protagonista di un’avanguardia destinata a sconvolgere gli assetti tradizionali dell’arte europea. Basti pensare a opere come “Les Demoiselles d’Avignon”, in cui la rielaborazione di modelli africani e iberici si fonde con lo spirito d’innovazione parigino. Sebbene quella tela non sia presente nell’esposizione, il suo influsso attraversa molte delle opere qui presentate, che condividono l’idea di scomporre la realtà per ricomporla in forme inedite.
Negli anni tra il 1907 e il 1914, il Cubismo assunse un posto centrale nel panorama culturale europeo, con Picasso e Georges Braque come principali artefici di questo movimento. Al contrario di altre correnti, il Cubismo non offriva un manifesto teorico rigido, ma si sviluppò attraverso la prassi pittorica quotidiana e gli scambi costanti fra i due artisti. La scomposizione degli oggetti, la rinuncia alla prospettiva rinascimentale e l’uso di tonalità ridotte concentravano l’attenzione sulla forma e sulla percezione visiva piuttosto che sulla mimesi del reale.
L’influsso reciproco fra Picasso e Braque si coglie in opere che talvolta sono difficili da attribuire all’uno o all’altro, data la vicinanza stilistica. Nel percorso espositivo romano, il ruolo di questa collaborazione è esaminato attraverso una serie di dipinti e lavori su carta che illustrano la graduale trasformazione delle figure in strutture geometriche. Viene messa in evidenza anche la differenziazione successiva fra i due artisti, quando Picasso, dopo la Grande Guerra, riscoprì i modelli classici e Braque continuò in un’elaborazione più sobria di stampo cubista.
Sebbene “Picasso lo straniero” non voglia proporsi come rassegna cronologica esaustiva, essa non manca di evidenziare i momenti in cui l’artista affrontò questioni politiche e sociali. In particolare, durante la Guerra civile spagnola, Picasso fu profondamente toccato dalle vicende del suo Paese: la realizzazione di *“Guernica”* (1937) ne è l’esempio più clamoroso, sebbene l’imponente dipinto non faccia parte della mostra attuale.
Allo stesso tempo, le tensioni europee del primo e del secondo conflitto mondiale influenzarono la sua visione del mondo, spingendolo a interrogarsi sui temi della violenza, del dolore e della dignità umana. Tale aspetto emerge in opere dall’impianto allegorico, dove la scomposizione cubista non è solo esercizio formale, ma anche mezzo per esprimere un sentimento di drammatica precarietà. È interessante notare come la condizione di artista straniero, pur essendosi consolidata in Francia, non lo distolse dalla critica alle derive belliche e totalitarie.
In questo senso, l’esposizione romana mostra un Picasso politicamente consapevole, capace di trasferire nelle sue tele e nelle sue sculture un’urgenza espressiva che trascende i confini nazionali. L’interesse per le sperimentazioni formali si incrocia dunque con la riflessione sui grandi eventi del proprio tempo. Chi si avvicina alle sale noterà come la poetica di Picasso conservi un’anima fortemente umanistica, radicata nell’idea che l’arte possa farsi portatrice di una testimonianza emotiva e morale.
Esaminando la forza innovativa di Picasso, appare evidente quanto la sua lezione abbia influenzato non soltanto pittori e scultori della sua epoca, ma anche generazioni successive. L’idea di un’arte che metta costantemente in questione le convenzioni visive ha aperto la strada a movimenti di portata globale, dal Surrealismo all’Espressionismo astratto, fino alle neo-avanguardie del secondo dopoguerra.
Nel corso del XX secolo, autori come Francis Bacon, Willem de Kooning e Jean-Michel Basquiat furono ispirati dalla sintesi picassiana tra figurazione e astrazione, dal suo modo di scomporre i soggetti con coraggio. La mostra “Picasso lo straniero” fa emergere questa eredità, invitando a cogliere l’itinerario di un artista che non si stancò mai di rivoluzionare la propria tecnica pur rimanendo saldo nel suo sguardo appassionato verso la vita. Tale coerenza tra sperimentazione e profondità di visione rimane uno dei lasciti più evidenti di Picasso al panorama artistico contemporaneo.
Molti episodi della biografia di Picasso dimostrano la sua incredibile continuità produttiva: nonostante le differenze di stile, le sperimentazioni incessanti e i cambi di dimora, l’artista mantenne un filo conduttore nella dedizione totale all’atto creativo. Tale attitudine si traduceva in un costante dialogo tra tradizione e innovazione: a tratti egli riprendeva modalità compositive classiche, per poi decostruirle e ricostruirle secondo regole nuove.
Questo processo di trasformazione continua rende ancora oggi il suo lavoro accessibile a letture molteplici. Da un lato, Picasso è interprete delle pulsioni moderniste, pronto a scardinare i canoni accademici. Dall’altro, dimostra una passione quasi “archeologica” per i modelli storici – greci, iberici, rinascimentali – che riemergono in momenti inaspettati. In tal senso, l’artista si fa trait d’union tra i secoli, mostrando che la modernità non è rottura totale, ma evoluzione incessante di forme e significati.
“Picasso lo straniero” affronta anche la questione dei legami personali che hanno segnato il percorso del maestro spagnolo, soprattutto nel periodo in cui visse in Francia. Alle relazioni sentimentali corrispondono altrettanti cicli pittorici, in cui l’artista celebra le sue muse, ma contemporaneamente le trasfigura. Nelle figure femminili ritratte in modalità cubista, per esempio, traspare un’ampia gamma di emozioni, tra passione, turbamento e fascinazione.
La sua cerchia ristretta includeva scrittori e mecenati che sostenevano la sua opera, come Gertrude Stein, e artisti coevi con cui stabilì un confronto serrato, talvolta conflittuale. Da tali interazioni nacquero momenti di grande fertilità: basti pensare alla collaborazione con i Balletti russi di Sergej Djagilev o all’influsso che la conoscenza di Jean Cocteau ebbe sui suoi lavori scenografici. In ogni caso, l’indole di Picasso rimase indipendente: egli costruì la sua carriera senza legarsi stabilmente a un gruppo o a un manifesto, preferendo una parabola autonoma che ben rispecchia il tema dell’“essere straniero” in terra non natia.
Un altro aspetto affascinante dell’opera picassiana, messo in rilievo dalla mostra, è la varietà di linguaggi che egli esplorò, dalla pittura alla scultura, dalla ceramica all’incisione. La sua incessante curiosità lo spinse, soprattutto nella maturità, ad avvicinarsi a tecniche in precedenza poco frequentate. Lavorare con la scultura non significava, per Picasso, abbandonare la bidimensionalità della tela: al contrario, fu l’occasione per estendere la sua ricerca su come rappresentare lo spazio e dare corpo a volumi ricavati talvolta da oggetti di recupero.
Nell’ambito della ceramica, presso i laboratori del Sud della Francia, sviluppò un ulteriore fronte d’espressione artistica, realizzando piatti, vasi e piastrelle dipinte, spesso decorate con motivi taurini, colombe o volti reinterpretati in chiave cubista. Questi lavori, a lungo considerati “minori” rispetto alle tele più famose, sono oggi rivalutati dalla critica, che vi scorge la stessa genialità sperimentale presente in tutto il percorso di Picasso. La mostra raccoglie alcune testimonianze di tali sperimentazioni, a conferma di come la vocazione dell’artista fosse profondamente radicata nella materia, oltre che nelle idee.
Esaminando l’insieme dell’opera picassiana, emerge la dimensione di un visionario che sfugge a ogni classificazione netta. Straniero in Francia, ma anche straniero rispetto a qualsiasi etichetta precostituita, Picasso incarnò fino in fondo la libertà dell’artista moderno. Le barriere, fossero esse nazionali, tecniche o concettuali, hanno sempre costituito per lui uno stimolo a cercare nuove soluzioni, come se il processo creativo coincidesse con un’eterna traversata.
Ecco perché la sua figura esercita un fascino così duraturo: la portata universale della sua ricerca, la sua capacità di dialogare con la storia e di anticipare tendenze future lo rendono un caso unico. Chi varca le soglie di “Picasso lo straniero” intraprende un viaggio che non è solo un percorso temporale nel XX secolo, ma una riflessione su come l’arte possa fungere da passaporto simbolico, in grado di unire persone e culture diverse sotto il segno della creatività.
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