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Palazzo Venezia (Palazzo Barbo)

Palazzo Venezia (Palazzo Barbo)

Pigna
Splendido esempio di architettura medievale, Palazzo Venezia (anche chiamato Palazzo Barbo) è un edificio storico sede oggi del Museo Nazionale di Palazzo Venezia.

  • Posizione
    Piazza Venezia

  • Costruito da
    Cardinale Pietro Barbo fra il 1455 e il 1467

  • Cosa vedere
    Museo Nazionale di Palazzo Venezia

  • Apertura
    Venerdì, sabato e domenica dalle 9.30 alle 19.30 (ultimo ingresso: ore 18.45)

  • Prezzo
    Intero €12,00, ridotto €2,00

  • Come arrivare
    Stazione Metro: Colosseo (blu)

Palazzo Venezia a Roma (palazzo Barbo): storia e architettura
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Palazzo Venezia (o anche Palazzo Barbo) è uno dei due edifici speculari antistanti piazza Venezia a Roma. Mentre l’edificio a est della piazza (tra la colonna traiana e via Cesare Battisti) è il palazzo delle Assicurazioni Generali, l’edificio ad est è palazzo Venezia (tra piazza S. Marco e via del Plebiscito).

A differenza del palazzo delle Assicurazioni Generali (realizzato agli inizi del XX secolo), palazzo Venezia è un edificio storico costruito a partire dal 1455, oggi sede del Museo Nazionale di Palazzo Venezia, l’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte (INASA) e la Biblioteca di archeologia e storia dell’arte.

Storia

La costruzione di Palazzo Venezia ebbe inizio nel 1455 su commissione del cardinale veneziano Pietro Barbo, che pochi anni dopo, nel 1464, venne incoronato papa sotto il nome di Paolo II. Il palazzo era destinato a diventare la residenza del cardinale.

In precedenza vi era una residenza cardinalizia di ridotte dimensioni assegnata nel 1450 all’allora cardinale Pietro Barbo. Si trattava di un edificio a tre piani con sei finestre 1.

Di questo palazzo sono conservate almeno due stanze nel seminterrato dell’ala che da sulla piazza, subito a sinistra del portone. Il palazzo Venezia è da considerarsi quindi un ampliamento dell’edificio preesistente.

Chi è l’architetto di palazzo Venezia?

Non è chiaro a chi il futuro papa Paolo II affidò la costruzione della sua dimora. Spesso viene attribuito a Leon Battista Alberti, l’architetto di maggior spicco in quel periodo, per via delle finestre a croce così eleganti e misurate, e gli archi a tutto sesto che scandiscono il ritmo della facciata.

In realtà tali forme classicheggianti ed in parte tardomedioevali sono lontane dal linguaggio albertiano. Inoltre, la sua biografia non collima con la cronologia della costruzione del manufatto. Una seconda ipotesi è che venne realizzato dall’architetto fiorentino Bernardo di Lorenzo, con la collaborazione dal maestro scultore Jacopo da Pietrasanta.

L’ipotesi più attendibile, però, è che l’architetto responsabile dell’opera sia stato Francesco del Borgo di S. Sepolcro, oltre ad esserne l’organizzatore. Ciò si evince dai tre contratti stipulati dal papa con un tale “dominus Franciscus de Burgo, scriptor bullarum et sanctissimi domini nostri familiaris”, che non fu solo il contraente dei lavori, ma presumibilmente anche l’architetto. Stesse modalità furono infatti adottate in precedenza per un altro lavoro a lui commissionato: la costruzione della Loggia delle Benedizioni (sulla Piazza San Giovanni in Laterano).

Risulta particolare il fatto che venne affidato il lavoro ad un architetto poco conosciuto, e che questi non venga ricordato neppure dal Vasari nella sua celebre opera “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori”.

Il fatto inoltre che Francesco del Borgo fosse anche scrittore apostolico nonché familiare di Paolo II porta ad essere dubbiosi nei confronti di questa tesi, ma, a onor del vero, anche artisti come Leon Battista Alberti (suo mentore) o Raffaello lo furono.

Da residenza papale ad ambasciata della Repubblica di Venezia

Il cardinale Barbo alle prese con la ristrutturazione della sua dimora non poteva sapere che, di lì a poco, la sua ascesa al soglio di Pietro avrebbe fatto fare ai lavori un salto di qualità. Ecco quindi che il palazzo, quasi organismo vivente, cresce in altezza, aggiungendo un piano e si allarga verso nord.

Di tale ampliamento ne è testimone l’asimmetria delle finestre della facciata su piazza Venezia, non equamente scompartite dal portone. Dal 1464, poi, era iniziata la costruzione del Viridarium, giardino pensile di forma trapezoidale, aperto da due logge porticate collegato al palazzo tramite la Torre, che occupava buona parte dell’attuale piazza Venezia nella sua porzione al piede del Campidoglio.

Ma quando nel 1471 Paolo II morì, il nipote suo successore Marco Barbo, proseguì nei lavori di ampliamento del palazzo lungo l’odierna via del Plebiscito fino all’angolo con via degli Astalli. Alla sua morte, nel 1491, il pianterreno su via del Plebiscito e il loggiato interno al cortile erano stati ultimati.

Sarà poi il cardinale Lorenzo Cybo a realizzare in quest’ala il piano nobile per farne il suo appartamento che sarà anche quello dei suoi successori quando, nel 1564, papa Pio IV concederà il palazzo agli ambasciatori della Serenissima perché ne facciano la propria sede e residenza.

Quando nel 1797 il trattato di Campoformio porrà fine alla Repubblica di Venezia, il palazzo passerà all’Austria e tale resterà per tutto il secolo seguente, all’inizio del quale Antonio Canova salverà il palazzetto dalla demolizione decretata dal governo napoleonico per far posto a un mercato.

Nel 1916, come ritorsione per la presa di Gorizia da parte dell’Italia, la città di Venezia venne pesantemente bombardata dall’esercito austroungarico; in risposta, il governo italiano espropriò palazzo Venezia a mo’ di parziale indennizzo e lo destinò a sede museale. Ma per l’apertura del museo occorrerà attendere il 1947: nel 1929, infatti, Mussolini ne aveva fatto la sede del suo governo e l’appartamento privato per i ricevimenti di Stato.

Palazzo Venezia oggi

Palazzo Venezia fa parte del Polo Museale del Lazio. All’interno del Palazzo si trovano diverse realtà. Una di esse è la Biblioteca Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte, che trova luogo nella Torre della Biscia e nelle sale del piano rialzato che affacciano su piazza Venezia.

È l’unica biblioteca, a livello nazionale, specializzata in archeologia e storia dell’arte, nata nel 1875 all’interno del ministero della Pubblica Istruzione a servizio dei funzionari della Direzione degli Scavi e delle Antichità.

Tutto il resto del palazzo è occupato dagli uffici della Direzione Regionale dei Musei statali del Lazio, da quella del Polo Museale Romano e dal Museo Nazionale di Palazzo di Venezia, specializzato in arte medievale e rinascimentale.

Architettura

Visto dall’alto, Palazzo Venezia ha la forma di un rettangolo, i cui lati lunghi nord e sud prospettano, rispettivamente, su via del Plebiscito e su piazza San Marco, mentre i lati corti est ed ovest delimitano il palazzo su Piazza Venezia e su via degli Astalli.

La fronte su via degli Astalli si prolunga, senza soluzione di continuità, nel palazzetto Venezia, a pianta quadrata, che si protende nella piazza San Marco chiudendola ad ovest. Nell’angolo del palazzo più prossimo al Vittoriano s’erge la Torre della Biscia, fiancheggiata ad ovest dalla basilica di San Marco, orientata nord/sud.

Tutto il complesso, con la torre e le merlature guelfe, più che di un palazzo nobiliare ha l’aspetto di un palazzo-fortezza tardomedievale nel quale, però, si inseriscono elementi prettamente rinascimentali.

Tra questi, le finestre a croce e il portale che fanno di Palazzo Venezia il primo vero edificio frutto di quella Renovatio Urbis che, proprio negli anni del cardinalato di Pietro Barbo, apriva una nuova stagione di recupero delle forme classiche nell’architettura e nell’urbanistica della città.

Per la costruzione di questo storico complesso architettonico fu utilizzato il travertino del vicino Colosseo e del Teatro di Marcello (una prassi abituale a Roma fino al XVIII secolo).

Il balcone da cui si affacciava Mussolini

Di tutto il Palazzo, l’elemento forse più noto, anche nella cultura di massa, è il balcone che sovrasta il portone sulla piazza. Non fa parte del progetto originario dell’edificio, ma vi fu aggiunto nel 1715 dall’ambasciatore veneziano Niccolò Duodo. Vi si accede dalla Sala del Mappamondo.

Da questo balcone, il 10 giugno 1940 Mussolini, capo del governo italiano, pronunciò la dichiarazione di guerra contro Francia e Regno Unito, decretando così l’ingresso dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale.

Interni

Internamente il palazzo si svolge intorno a un cortile quadrangolare, cui si accede sia da via del Plebiscito che da Piazza San Marco. Dal portone su Piazza Venezia, una scala porta all’appartamento cardinalizio (oggi occupato dalla Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte) e, al piano nobile, all’appartamento Barbo, situato nell’ala sud-est dell’edificio.

Entrando da via del Plebiscito, invece, lo scalone monumentale, realizzato tra il 1924 il 1930 dall’architetto Marangoni in sostituzione della cordonata quattrocentesca, conduce all’appartamento Cybo.

Il vestibolo e la prima volta in calcestruzzo

Varcato il portone quattrocentesco attribuito a Giovanni Dalmata, e realizzato nello stile ionico secondo i dettami di Vitruvio prima e dell’Alberti poi, si accede a un ampio vestibolo rettangolare coperto da una volta a botte cassettonata, i cui lacunari riprendono quelli della volta del Pantheon.

Questo straordinario recupero di un’architettura classica in pieno Quattrocento ha fatto pensare gli studiosi a un intervento di Leon Battista Alberti che oltretutto, nel suo De re aedificatoria, descrive fin nei minimi dettagli la modalità di costruzione di una volta del genere. In fondo al vestibolo si apre la porta di comunicazione con l’adiacente navata destra della basilica di San Marco.

Sala del Mappamondo

Con l’ascesa al soglio pontificio di Pietro Barbo, l’appartamento venne ampliato ed adeguato alle esigenze, anche di rappresentanza, di un papa. Venne per questo dotato di tre grandi saloni monumentali e ne venne spostato l’ingresso: non più dalla scala del portone su Piazza Venezia, ma dalla cordonata su via del Plebiscito.

I tre saloni sono indicati nelle fonti semplicemente col nome di aula prima, aula secunda, aula tertia. Quest’ultima, la più prossima alle stanze private del pontefice, ha oggi il nome di Sala del Mappamondo per la presenza al suo interno, un tempo, di un planisfero monumentale, opera di Girolamo Bellavista, cosmografo veneziano della metà del XV sec.

La sala venne affrescata nell’ultimo quarto del secolo da Andrea Mantegna con finte architetture e medaglioni raffiguranti Dottori della Chiesa. Il coevo camino, decorato con elementi vegetali, è opera di Mino da Fiesole e Giovanni Dalmata. Nel XVII sec. l’enorme planisfero venne sacrificato, per far posto a piccole vedute e scene marine.

Ma le modifiche a questa sala non finirono qui. Nel Settecento l’ambasciatore Duodo vi aprì il balcone e divise la sala in due ambienti più piccoli mediante un tramezzo che venne rimosso solo nel 1916, quando il palazzo tornò all’Italia.

Negli anni Venti del secolo scorso, Mussolini ne fece il suo studio e commissionò a Pietro d’Achiardi il mosaico pavimentale in bianco e nero che si ispira a quello adrianeo delle Terme di Nettuno a Ostia Antica. Per suo ordine, la luce di questa sala rimaneva accesa giorno e notte, a significare l’impegno diuturno del governo.

Il bunker di Mussolini

Alla fine del 2010 il ritrovamento fortuito di una botola in un magazzino di Palazzo Venezia ha portato al rinvenimento, a circa 15 metri di profondità, di 9 stanze in cemento armato mai finite, nelle quali solo l’impianto di aerazione era stato portato a termine: è un bunker di 80 mq, del quale la documentazione d’archivio non reca traccia, fatto costruire da Mussolini probabilmente alla fine del 1942, quando era venuto a conoscenza di un piano della Raf per ucciderlo, bombardando Palazzo Venezia e Villa Torlonia.

Il piano non venne mai attuato per il veto posto da Churchill e dal ministro degli Esteri inglese, che dubitavano del successo dell’impresa e temevano che questi bombardamenti potessero colpire, oltre che la popolazione civile, anche il Colosseo e gli altri monumenti vicini. I lavori al bunker vennero interrotti solo dall’arresto di Mussolini, il 25 luglio 1943.

La volta del Vasari

L’ultima sala dell’appartamento Cybo ha il nome di Sala Altoviti per via del suo soffitto dipinto, proveniente dal palazzo degli Altoviti demolito nel 1888 per i lavori di costruzione dei muraglioni e del lungotevere.

Nel 1553 il banchiere fiorentino Bindo Altoviti aveva dato incarico a Giorgio Vasari di affrescare, con i dodici mesi dell’anno disposti intorno a Cerere e al suo corteggio, il soffitto della loggia della sua dimora.

Quando il palazzo fu demolito, l’affresco venne staccato e depositato a Palazzo Corsini per poi approdare in questa sala di Palazzo Venezia nel 1924. Nel realizzare la sua opera, il Vasari inserì numerosi ritratti.

Un vecchio imponente, raffigurato nel tondo central potrebbe essere Michelangelo Buonarroti, maestro del Vasari e amico della famiglia Altoviti, della quale atri membri sono raffigurati nell’affresco in una serie dei mesi secondo il calendario fiorentino.

I restanti dieci mesi dell’anno sono simboleggiati da altrettante attività umane agricole. Fra questi, il letterato Annibal Caro e lo stesso Vasari che si sarebbe raffigurato nel mietitore del mese di Giugno.

Cortile interno

Il cortile quadrangolare è caratterizzato dalla presenza, sul lato nord-orientale, della monumentale loggia facente parte dell’ampliamento del palazzo voluto da Paolo II e da suo nipote il cardinale Marco Barbo. Di essa furono portate a compimento solo 10 arcate, in corrispondenza dell’appartamento papale.

Affacciarsi da questa loggia permette di vedere tutto il complesso costituito dal palazzo e dalla basilica e di cogliere di quest’ultima quei dettagli architettonici e il campanile medievale che altrimenti non sono visibili.

Sempre dalla loggia si ha un bel colpo d’occhio sul sottostante giardino, con le sue essenze arboree e arbustive che si dispongono intorno alla fontana centrale, voluta nel 1729 dall’ambasciatore Borbon Morosini per approvvigionare d’acqua il palazzo.

A ricordarne la committenza veneziana, la fontana mostra al centro un gruppo allegorico che raffigura le nozze tra Venezia e il Mare e, sul bordo vasca, dei putti recanti scudi su cui sono riportati i nomi delle principali conquiste della Serenissima.

A sud-est il cortile è chiuso dalla cosiddetta Ala Querini, dal nome del cardinale Angelo Maria Querini che, nel 1733 chiuse con una copertura il camminamento di ronda e collegò il palazzo a quest’ala che fungeva da residenza estiva del cardinale titolare della basilica, con accesso indipendente da quello degli ambasciatori.

Cosa vedere a Palazzo Venezia

Entrando da via del Plebiscito si sale al primo piano per la Scala Nova, ossia lo scalone monumentale che, a dispetto delle sue forme rinascimentali, è stato realizzato tra il 1924 e il 1930 in quanto ritenuto più consono al palazzo sede del governo.

I suoi quasi 150 capitelli sono decorati con motivi che celebrano le vittorie italiane contro l’Austria nella Terza Guerra d’Indipendenza e nella Prima Guerra Mondiale, per celebrare il ritorno all’Italia del Palazzo. Dalla scalinata si accede all’appartamento Cybo, oggi sede dell’esposizione museale, e ai tre grandi saloni di rappresentanza dell’appartamento Barbo, oggi utilizzati generalmente per esposizioni temporanee.

Uno dei saloni è quello del Mappamondo, gli altri due sono, la Sala Regia e la Sala del Concistoro. La prima era il luogo in cui il pontefice riceveva reali e altri potenti, tra le pareti affrescate forse da Bramante.

Percorsi i 37 metri di lunghezza di questa sala, si accede alla successiva, detta del Concistoro poiché qui, fino al 1597, si riuniva appunto il Concistoro, ossia il collegio dei cardinali convocato dal papa. Nel 1770 in questa sala riecheggiarono le note di un concerto suonato da un giovanissimo Mozart appena quattordicenne, e nel 1842 Gioacchino Rossini vi diresse per la prima volta il suo Stabat Mater.

Dalla loggia, tramite il cosiddetto Corridoio della Madonnella, si accede all’appartamento Barbo nelle sue stanze private. In una di esse, la Camera delle Gemme che prende il nome dal fatto che in essa Paolo II custodisse la sua collezione di gemme ed oreficerie.

Dalla piccola camera da letto si accede alla cosiddetta Sala del Pappagallo: un raro – per l’epoca – esemplare di questo volatile di proprietà di Paolo II che ad esso aveva destinato questa sala. Infine è la Sala dei Paramenti, in cui erano appunto custoditi i paramenti utilizzati da Paolo II nelle celebrazioni liturgiche.

Gli affreschi di questa sala, raffiguranti le mitologiche fatiche di Ercole, sono stati attribuiti alla scuola del Mantegna e, più precisamente, a Girolamo da Cremona, pittore e miniatore, o anche a un altro miniatore, il fiorentino Giuliano Amidei.

All’angolo destro della facciata principale, quella su piazza Venezia, una porta conduce a una piccola cappella in cui è custodita un’immagine raffigurante la Madonna col Bambino, posta originariamente, per volontà del doge Antonio Grimani e di fra’ Carlo da Sezze, a protezione di uno stretto e buio passaggio tra il palazzo e il palazzetto quando questi si trovava ancora nella sua posizione originaria.

L’immagine, dipinta da Bernardino Gagliardi, nel 1677 protesse da un’aggressione un uomo che passava nell’angiporto e, in conseguenza di questo evento, venne racchiusa nell’edicola marmorea.

Il Museo Nazionale di Palazzo Venezia

Il Museo nasce nel 1916 come Museo di arte medievale e rinascimentale per volontà di Corrado Ricci, allora Direttore Generale alle Antichità e Belle Arti. Per la sua creazione vennero portati, nelle sale dell’appartamento Cybo, materiali provenienti dall’eclettica e sterminata collezione del gesuita Atanasius Kircher – collezione che è alla base di altri musei romani – più quelli forniti dalla Galleria Nazionale di Arte Antica e le opere raccolte, nel 1911, nell’Esposizione Internazionale d’Arte che si era tenuta a Castel S. Angelo.

L’allestimento dell’epoca collocò nelle sale quadri, dipinti, arazzi e mobili antichi come se ne costituissero l’arredamento. A questo primo nucleo vennero ad aggiungersi, nel tempo, donazioni e lasciti, armi, ceramiche e medaglie. Dal 1929 la presenza degli uffici del governo all’interno del palazzo rese difficile, se non impossibile, la fruizione del museo da parte del pubblico.

Al termine della Seconda Guerra Mondiale, il museo venne riaperto al pubblico arrivando ad occupare tutte le sale del piano nobile. Dal 1983 gli spazi museali si limitano ai 29 ambienti dell’appartamento Cybo e del palazzetto, quest’ultimo sede, dal 2006, del Lapidarium, raccolta di marmi classici, medievali e rinascimentali.

Fra le opere d’arte ospitate dal Museo vanno segnalati i quattro marmi realizzati tra 1461 e 1463 da Mino da Fiesole per la basilica romana di Santa Maria Maggiore, il busto marmoreo di Paolo II, ricordato dal Vasari nelle sue Vite, e alcune terrecotte opera del Bernini.

A cura di Gabriela Acquaroli
Laureata in Lettere, indirizzo Archeologia Cristiana, con esperienza di scavo archeologico a Roma e sul Gargano

  1. Studi in onore di Giulio Carlo Argan Volume II, 1984 – Link a Pdf

Palazzo Venezia (Palazzo Barbo): opinioni e commenti

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Heloisa Hayon

Il palazzo distinguesi per la sua monumentalà e storia. Le collezioni sono ben esposte. Mancano, però, le didascalie o/e le spiegazioni sul monumento. Non v’è traccia in nessuna delle sale, nemmeno nelle tre monumentali. Un accenno anche sulla presenza di Mussolini, della presenza del bunker. Informazioni che non richiederebbero una grande spesa e tornerebbe il palazzo piu fruibile. Il giardino è un piccolo gioiello, con informazioni a riguardo.

Heloisa Hayon, storica dell’Arte

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